Alla corte di Navarra, il Re Ferdinando e tre suoi gentiluomini hanno fatto voto di dedicarsi per qualche tempo solo allo studio. L’arrivo della Principessa di Francia col suo seguito rivela quanto la promessa sia effimera: a suon di missive segrete, mascherate, schermaglie verbali e goffi corteggiamenti l’amore fa breccia nel cuore di damigelle e cavalieri. L’improvvisa partenza delle fanciulle interrompe bruscamente l’idillio: il lieto fine è rimandato, gli affanni d’amore sono stati per il momento vani e solo l’attesa fedele saprà riscattarli.
Raffinata commedia cortese, scritta dal Bardo forse durante la forzata chiusura dei teatri per la peste di Londra del 1592, Pene d’amor perdute si svolge in un clima di festa galante, giocoso e leggero, che si serve proprio della lingua per stravolgere l’uso improprio della fascinazione retorica, svelando altresì quei meccanismi del comico che in Shakespeare fanno sempre i conti con una chiara e precisa profondità di intenzioni e, come in questo caso, di sentimenti.
C'è una grande differenza tra come si affronta Shakespeare qui in Italia e come lo si affronta invece nella sua terra natia, l'Inghilterra. Qui da noi infatti l'autore inglese è sempre stato trattato con una sorta di riverenza che spesso fa più male che bene alla freschezza della sua scrittura: basta fare un viaggio in Gran Bretagna per scoprire come in realtà il Bardo sia trattato come un vero uomo di teatro, capace di mettere in scena amore, comicità e morte con un’energia esplosiva, piuttosto che essere trattato come un letterato, come succede altrove.
Pene d'amor perdute rappresenta in qualche modo questo contrasto: unisce infatti l'amore di Shakespeare per l'uso della parola (Beroun, uno dei personaggi principali, è infatti in tutto e per tutto la figura di Shakespeare che si aggira sulla scena) e il suo modo crudo e senza sconti di prendere in giro da una parte chi passa la vita sui libri, e dall’altra chi vive una vita fatta di struggimenti amorosi, pescando a piene mani sia da Aristofane che da Plauto e anticipando in questo i temi che saranno poi alla base del lavoro di Molière e di Goldoni. Al centro della messa in scena, il disprezzo dell'autore inglese verso tutti quegli aspiranti attori che a volte, purtroppo, fanno male a quell'arte straordinaria che è il teatro, cruccio del Bardo che ritroviamo sia nel Sogno di una notte di mezza estate sia nell’Amleto.
Il nostro Pene d'amor perdute è quindi uno spettacolo dedicato all’anima viva e scoppiettante di Shakespeare, e di conseguenza un pieno omaggio al pubblico, e a lui solo: è per questo motivo che sono ricorso a dei piccoli adattamenti per traslare dei giochi di parole e dei riferimenti bibliografici tipicamente inglesi verso espressioni più vicine alla cultura mediterranea, soprattutto dal punto di vista del tipo di umorismo. Ne è venuto fuori uno spettacolo di cui sono molto orgoglioso, giocato su tempi e ritmi sempre molto alti, dove l'amore si trasforma in qualcosa di terribilmente comico per poi rimutarsi nuovamente nella magia pura, creando infine un'atmosfera di assoluta positività: uno spettacolo che farà ridere, moltissimo, che regalerà gioia e buon umore, e che alla fine farà innamorare tutti, se fosse necessario, dell’Amore.
Edoardo Fainello